Ogni lingua ha i suoi errori (o Orrori!) tipici, magari dovuti alle interferenze con i dialetti locali (che è comunque sempre bene preoccuparsi di differenziare dall’italiano standard), ma anche errori che il cittadino medio commette consapevolmente, pur sapendo che quello che sta dicendo non è corretto. Ecco qui una lista dei TOP 5 della lingua italiana, orale e scritta.
Partiamo dal PARLATO:
1. In cima alla classifica mi permetto di piazzare l’errore, o meglio, la serie di errori riguardanti il tanto temuto CONGIUNTIVO! Potrebbe capitare di sentire infatti molti italiani dire frasi come “Credo che oggi è una bella giornata” oppure “Se sapevo non lo facevo”. Personalmente, ho anche sentito presunti periodi ipotetici di terzo tipo espressi come segue: “Se l’avevo visto gliel’avevo detto” (!!!!!). L’uso dell’indicativo al posto del congiuntivo è un fenomeno PURTROPPO sempre più diffuso nella lingua italiana, il quale, secondo alcuni studiosi, condurrà alla definitiva scomparsa del congiuntivo. Ma fin quando c’è usiamolo per dare alla lingua le diverse sfumature che le servono! Dunque, le forme corrette per le due frasi precedenti sarebbero “Credo che oggi sia una bella giornata” e “Se avessi saputo, non lo avrei fatto”. “L’importante è che hai superato l’esame”, seppur molto usata questa è una formula grammaticale scorretta perché in questo caso bisogna usare il congiuntivo: “L’importante è che tu abbia superato l’esame”.
2. Gli anche per il femminile (invece di le) e per il plurale (invece di loro). Gli significa solamente a lui; è un errore usarlo nel senso di a lei, a loro: Vidi Carla e gli (le) domandai cosa facesse; Se vedrò i tuoi amici, gli porterò (loro) i tuoi saluti. Per quanto contrario alle buone regole grammaticali, questo uso del pronome gli anche per il femminile e per il plurale tende ad estendersi ed a diventare normale.
3. A me mi piace invece di a me piace. Questo è un perfetto esempio degli errori tipicamente italiani che si commettono volentieri ed intenzionalmente, soprattutto in alcune zone d’Italia se si vuole usare un registro informale.
4. Ma però invece di solo ma o solo però. Nel linguaggio familiare, si rafforza spesso il ma con però. Tuttavia, questa è una forma scorretta, perché le due particelle hanno lo stesso significato; basta il semplice ma o il semplice però. Mentre invece è sulla stessa scia, o mentre o invece.
5. Piuttosto che come sinonimo di o invece di piuttosto che davanti a proposizioni avversative e comparative con il significato di ‘anziché’. Da qualche decennio si è diffuso l’uso di piuttosto che con il valore disgiuntivo di o, oppure, a indicare un’alternativa equivalente. Il fenomeno probabilmente ha avuto origine nel parlato del Nord Italia e ben presto la novità è stata accolta dai conduttori televisivi, dai giornalisti, dai pubblicitari e in seguito anche dalle riviste e dai quotidiani, contribuendo a diffondere un uso improprio. “Questa sera, se vogliamo uscire, possiamo andare al cinema piuttosto che a teatro”. “Piuttosto che dire sciocchezze, rimani in silenzio” è l’uso corretto di questa congiunzione.
Passiamo ora allo SCRITTO:
1. L’apostrofo. In cima alla classifica, ovviamente, c’è l’apostrofo. Davvero uno degli amici più antipatici della lingua italiana. Quando si mette? Semplice, con tutte le parole femminili, quindi: un’amica, non un’amico.
2. Qual è o qual’è? Un altro degli errori più comuni commessi dagli italiani. Qui, l’apostrofo ci vuole oppure no? Assolutamente no. Qual è si scrive senza. Sempre.
3. L’uso della C o della Q. Classico errore che i più distratti si portano dietro dalle elementari. Se nella lingua parlata l’errore non si nota, è nello scritto che s’incappa nell’errore. Ecco un elenco di parole che si scrivono con la C ma per le quali spesso ci si confonde e si usa la Q: Evacuare e NON evaquare; Proficuo e NON profiquo; Scuotere e NON squotere; Riscuotere e NON risquotere; Promiscuo e NON promisquo; Innocuo e NON innoquo.
4. Ne o Né? Un altro di quegli errori “da penna rossa”. L’accento su “né” si utilizza quando questo vuole essere utilizzato come negazione. Nel caso in cui non sia presente la negazione, ma come partitivo, ne deve essere utilizzato senza accento.
5. Un po, un po’ o un pò? Pur scorretta, la grafia “pò” con l’accento risulta sempre più diffusa. Basta una rapida ricognizione in rete per accorgersi che “un pò” non si trova solo in chat, nei blog e nei forum, ma anche in comunicati stampa e talvolta in articoli di giornale! La grafia corretta è “un po’” con l’apostrofo, perché la forma è il risultato di un troncamento.